Sentiamo spesso parlare di “lavoro agile”, una definizione che lascia anche giustamente interdetti, perché siamo abituati a tanti tipi di lavoro: a chiamata, a cottimo, telelavoro, ma un lavoro dinoccolato, “elastico, scattante, sciolto, svelto” (definizione Treccani) in che cosa consiste?
In realtà la parola AGILE assume decisamente più senso se collegata ai principi dell’organizzazione agile del lavoro, così come sono stati codificati dai firmatari del Manifesto Agile nel 2001.
Che cosa succede a febbraio 2001? Si racconta che diciassette sviluppatori software, anche concorrenti tra di loro, si incontrarono per qualche giorno di sci, relax e chiacchiere di lavoro nello Utah (USA). Il risultato di quella riunione informale fu un documento firmato da tutti che riassumeva in 4 valori fondamentali e 12 regole operative la visione di un nuovo modello di gestione del loro lavoro.
Lavorando nel mondo digitale, leggere il Manifesto Agile oggi significa semplicemente veder scritto in chiare lettere quanto succede nella quotidianità lavorativa di un’azienda di sviluppo software e applicazioni web-based: collaborazione costante con il cliente, organizzazione in gruppi di lavoro, architettura di progetto, sviluppo per fasi successive aperte ad adeguamenti, autoformazione continua… la nostra divisione Nowhere Solutions ne sa qualcosa!
Il lavoro tra gruppi fisicamente anche molto lontani tra di loro e comunque sempre connessi su internet, ha determinato nel tempo anche la nascita e l’utilizzo massivo delle piattaforme web di gestione e progettazione che abbiamo un po’ tutti imparato a conoscere negli ultimi mesi: Teams, Invision, Miro, Mural permettono la collaborazione a distanza e la gestione di piccoli gruppi lavoro focalizzati su obiettivi e azioni.
Ma non ogni realtà lavorativa è “agile” e per molte aziende il salto è davvero grande, e non gratuito. Henrik Kniberg, un giovane coach agile che ha fatto da consulente a realtà internazionali come Spotify e Lego, racconta che cosa vuol dire lavorare in modalità Agile, utilizzando in maniera davvero funzionale ed efficace il disegno, ad esempio questo, che spiega CHE COSA vuol dire lavorare in modo agile nei confronti del cliente e che cosa no, aprendo anche utili considerazioni sul concetto di prototipo o, per dirla in americano, MVP (Minimum Viable Product).
Henrik Kniberg – Making sense of MVP
Henrik Kniberg – Making sense of MVP
Esempio: “il cliente vuole andare da qui a là” (la richiesta tipo del cliente medio spesso non è meno generica, quindi l’esempio è realistico…)
Agile NON è lasciare il cliente a piedi finché non riceve il mezzo di trasporto ideale, abbandonandolo a disagi e frustrazioni nell’attesa, MA, piuttosto, metterlo in grado di muoversi fornendogli via via quanto gli serve per farlo in maniera sempre più comoda e soddisfacente, fino ad arrivare alla consegna finale, magari in tempi più lunghi che permettono di adeguare nel tempo gli obiettivi iniziali alle evoluzioni tecnologiche, sociali e di business del cliente.
Nel caso di un progetto web per un’azienda, per esempio, si definisce un contenuto minimo necessario per la pubblicazione online di una prima versione del sito, tenendo ben presente le esigenze di visibilità del progetto, e si integrano nel tempo le funzionalità con la rescita del business: upgrade pensati, coerenti con gli obiettivi dell’azienda.
Se l’argomento inizia ad appassionarti, ti suggerisco questo videoscribing dal titolo “Agile Product Ownership in a Nutshell”, ci sono anche i sottotitoli in italiano 🙂 – Buona visione!
Giulia Sabbadini
Socio fondatore di Nowhere. Dopo una lunga esperienza in progetti multimediali ha scoperto il Graphic Recording e la Facilitazione Visuale. Oggi, come facilitatrice esperta, utilizza il disegno e linguaggio visuale per accompagnare persone e gruppi in percorsi formativi di co-creazione, e in processi di cambiamento.